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la poesia lirica in roma 133

tullo; in quest’anno 701, in cui P. Vergilio Marone, giovinetto impacciato e pensieroso veniva a Roma, al porto della felicità; a Roma moriva o da poco era morto; mentre là nell’oriente la sconfitta di Carrhae, preparava, per sua parte e contro quel che avrebbe dovuto essere, il cozzo delle armi civili di Cesare e Pompeo.

VIII.

Di lì a pochi anni tutto fu pieno di guerra; guerra in Italia, in Hispania, in Thessalia, in Africa. Due grandi battaglie, nel 706 a Pharsalo, nel 708 a Thapso prostravano la dominazione oligarchica del senato. La repubblica era spenta, e M. Porcio Catone, che aveva passati gli anni a segnalarne i nemici e i pericoli, come una vedetta, comprendeva che la sua vigilia era finita e si uccideva, lasciando come un raggio d’eroismo alla sua causa, che i posteri dovevano ammirare: Victrix causa Deis placuit sed victa Catoni1. Ma in tanto era perduta, sì che la campagna dei figli di Pompeo e di Labieno in Hispania non parve che una ribellione al diritto già costituito. Il mondo Mediterraneo si raccoglieva sotto Cesare, cominciando già a gustare l’ordine, la pace e la prosperità; quando il vincitore di tante battaglie e il promulgatore di tante leggi, il pacificatore e il riformatore, cadeva sotto il pugnale dei senatori congiurati. Nel tempo stesso, si andavano adunando in Occidente le solda-

    mosi, posto vicino a Vale, puella, iam dell’[VIII] del poeta Veronese.

  1. Lucanus, Pharsalia I 128.