Pagina:Pascoli - Antico sempre nuovo.djvu/157

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la poesia lirica in roma 143

pedanteschi detrattori di Vergilio si sa che Mevio era sectator vocum antiquarum, che Anser era poeta d’Antonio e scriveva le sue lodi1. Che anche Mevio fosse poeta d’Antonio, che anche Anser andasse a caccia di parole antiquate, si fa verisimile quando si ricorda che Antonio nello scrivere appunto scavizzolava arcaismi nelle Origini di Catone, come Sallustio. Che Bavio avesse gli stessi gusti linguistici di Mevio è chiaro dal verso Vergiliano: Qui Bavium non odit, amet tua carmina, Mevi; che seguisse la stessa clientela politica, si fa probabile dal fatto che Bavio come Mevio non rimasero a lungo in Roma e si recarono in Oriente: come non ad Antonio?2 Or dunque contro Mevio e forse contro Bavio si esercitò l’arco di Orazio che minaccia questo, perchè molestava co’ suoi latrati di lontano gli ospiti innocui, e maledice quello, mentre s’imbarca per l’Oriente3. Così le freccie iambiche sono dirette a vere persone, con odio vero. Orazio si sente ispirato dal suo affetto per Vergilio e dal culto del medesimo ideale. Io gioisco di cogliere, sebbene da un’infinita distanza, una qualche parola tra i conversari dei due massimi poeti Romani. Non parlavano essi de’ loro disegni? non leggevano a vicenda i loro tentativi? non s’ispiravano l’uno dall’altro? Vergilio imitava da Theocrito la pharmaceutria: Orazio pensava anch’esso una scena di sortilegi, ma cittadinesca, tragica. Vergilio abbozzava parlando, o leggeva abbozzato l’idillio campestre del secondo

  1. Pag. 131 nota a VI [X]. Servius ad ecl. ix 36.
  2. Pag. 107 nota al 2. Pag. 130 nota a V [VI], pag. 131 nota a VI [X].
  3. I. [Ep.] V [VI], VI [X].