Pagina:Pascoli - Antico sempre nuovo.djvu/189

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la poesia lirica in roma 175

in cui sono riprese le parole Non eadem est aetas dell’epistola con queste altre: Non sum qualis eram. Ma, più semplicemente, per me Orazio pone o finge che Maecenate gli domandi appunto ciò che esso gli offre, dei versi in genere, le epistole. Le parole Non eadem est aetas, non mens sono non la ragione del rifiuto a verseggiare secondo l’invito del patrono, ma la scusa di non aver verseggiato così bene come e il poeta e l’altro avrebbero voluto. Ha bensì Orazio una voce interna che gli mormora, Sciogli, sciogli il cavallo che invecchia; ma Orazio non l’ha ancora sciolto. L’ultima sua corsa è questa; d’or innanzi riposerà1. Ma egli stesso dirà poi di sè: Ipse ego qui nullos me adfirmo scribere versus, Invenior Parthis mendacior: con la quale espressione, del resto, a me par di vedere che alluda quanto e più che alla fides di quei popoli, alla lor fuga simulata, alla battaglia che cominciano proprio nell’atto di schivarla2. Questo scrivendo ad Augusto, nel 737 o giù di lì. Nel quale anno fu il trinoctium dei Ludi Secolari. Il terzo giorno, nel tempio d’Apollo Palatino, tre volte nove fanciulli e altrettante vergini, patrimi e madrimi, dovevano cantare un inno ad Apollo e Diana. Augusto diede l’incarico dell’inno ad Orazio. Egli riprese il metro degli, inni

  1. Può fare difficoltà iterum antiquo me includere ludo. Una seconda volta! mentre prima e summa accennano che le camenae o le opere poetiche sue dovevano essere, come sono, più di due. Iterum dunque potrebbe dare ansa alla supposizione che Maecenate volesse un altro libro di Iambi, più ancora che un altro libro di Carmina, specialmente per chi creda non essere una sola silloge quella dei tre libri. Ma no: il poeta ha in mente solo il gladiatore congedato, che dopo la rude si vorrebbe di nuovo, iterum, nell’arena.
  2. Epl. II i 111. Egli fa versi proprio nel dire che non li fa.