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bacche, pur sanguigne, le difende, io credo, contro gent’altra che troverà più facile arrampicarsi che coronarsi. E presso queste piante, miste anzi a loro, come nella selva della vita, sono le molli viole e i narcissi dalla corona purpurea1, sono i fiori, morbidi come carezze, che dovevano spuntare nella culla senza offendere il corpicciolo del Fanciullo aspettato: sono ciclamini2, i loti egizi dal mistico olezzo3, e i molli acanti4, verdi capitelli corinzi caduti a terra dalle colonne d’un tempio vegetale.

Ora la macchia è più folta e più viva e più verde. Vedo il ginepro5, di cui grave è l’ombra come quella del tasso6, che nereggia accanto; vedo il bussolo7, il ligustro8, il viburno9, e sopra tutti, l’albatro o corbezzolo10. L’albatro e la quercia avevano, a detta di Virgilio, dato il nutrimento ai famelici uomini primitivi. Ora, forse per gratitudine dell’antico dono ormai superfluo, Virgilio annoverava le belle ma insipide corbezzole tra i pregi della selva. E amava la pianta, ora a cespuglio ora ad albero fronzuto e perenne, sotto la quale

  1. Viola e narciso, Buc. V 38, e vedremo poi.
  2. Il baccar, che ricorre in Buc. IV 19, VII 27, fu interpretato dal Bertolini per cyclamen europaeum; da altri per altri fiori.
  3. Il colocasium, mentovato in Buc. IV 20, si vuole riconoscere nel nelumbium speciosum.
  4. Mollis acanthus in Buc. III 45, IV 20, Georg. IV 137 Altrove l’acanthus pare altra pianta. A poi.
  5. Il ginepro in Buc. VII 53, X 76.
  6. Il tasso, Buc. IX 30, Georg. II 113, 257, 448, IV 47.
  7. Il bussolo, Georg. II 437, 449, Aen. VII 383, IX 619.
  8. Il ligustro, Buc. II 18.
  9. Il viburno. Buc. I 25.
  10. L’albatro (arbutus), Buc. III 82, VII 46, Georg. I 148, 166, II 69, 520, III 301, IV 181, Aen. XI 65.