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miscellanea 107

Lodole, cardellini: s’udiva di tortore il pianto:
bionde volavano l’api per tutto intorno a le polle.
Tutto la state sentìa, ben carica; tutto l’autunno:
e ci cadevan le pere da’ piedi e le mele da’ fianchi,
a non finire, che via sgusciavano. Fitte di prugne,
sino a la terra le rame ci s’incurvavano al peso.


il canto di lytierse

Cerere fertile, ricca di spighe, oh! fa che le porche
tornino bene a la falce e che rendano più che si possa.

Forte legate le manne, o legatori, non passi
uno che dica: — I me’ soldi! che uomini in legno di fico! —

Stia da la parte del taglio ver tramontana la bica,
ed a ponente vi guardi: così vi s’ingrossa la rappa.

Tempo di battere il grano, non fatelo il sonno a meriggio:
quella è l’ora che più da le spighe si stacca la paglia.

Ora di mietere quando la cappellaccia si desta:
quando la dorme, non più: con un pisolo l’ore de l’afa.

Vive, la rana, da re, quei giovani! Cerca dimolto
lei, chi mesca da bere. Ce n’ha che le giunge a la gola!

Léssale, tu fattore del fistolo, meglio le lenti:
non tagliarti le mani, segando un chicco in du’ pezzi.


l’aratura

Bada, allorchè della gru tu odi la voce nell’alto,
che di lassù, dalle nubi, ogni anno il clangor suo manda.
Dell’aratura ti porta il segnale, ed il tempo ti mostra