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favole 155


l’ironia dei ranocchi

Brekekekèk... che cosa è quel ch’i’ odo,
or che le rane per lo più dal fosso
salgono e stanno a meriggiar tra il biodo?

Un asino passava con sul dosso
un grave fascio; e con gli orecchi bassi,
zoppicando, pareva dir: Non posso

più! Quel meschino, fatti pochi passi
in mezzo all’acqua, sdrucciolò, sì ch’ora
lungo disteso eccolo là tra i sassi,

che soffia e scalcia e intorbida la gora
verde, per puntellarsi sui ginocchi,
sotto quel peso! e cade e piange. Allora

Brekekekèk...„ gracchiarono i ranocchi;
“L’anno quant’è noi s’abita gli stagni,
quatti quatti, con l’acqua fino agli occhi:

tu per così pochino, e già ti lagni?„.


la disperazione delle lepri

Presso quella palude solitaria,
una sera, le rane erano sotto
gigari e vepri a prendere un po’ d’aria:

quando sentendo un calpestìo di trotto
che s’appressava, tutte, di tra i vepri
e i gigari, s’attuffano di botto.