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poesia popolare eroica civile 173

Il gentil conte!      egli morì vincendo.
Grida sua colpa      ogni tanto, sovente:
pe’ suoi peccati      il guanto a Dio protende. AOI

Orlando sente      che tempo non n’ha più,
e verso Spagna      giace in un monte acuto.
Con una mano      il petto s’è battuto:
Deus, mea culpa,      tanta è la tua virtù,
pe’ miei peccati,      i grandi ed i minuti,
che ci ho commessi      dal dì che nato fui
sino a quest’ora      che qui non vivo più„.
Il destro guanto      verso Dio tende: a lui
calano allora      gli angeli di lassù. AOI

Il conte Orlando      giace sottesso un pino
e verso Spagna      egli ha rivolto il viso:
di molte cose      a ricordar gli prese
di tante terre      ch’egli, il baron, conquise,
di dolce Francia      e della sua famiglia,
di Carlo Magno,      suo sir, che lo nutrì;
e non può far      non pianga e non sospiri.
Ma già sè stesso      in tanto non oblia;
grida sua colpa      e mercè chiede a Dio:
“Dio padre vero      che giammai non mentisci,
Lazaro dal      sepolcro rivivisti,
e da’ leoni      Daniel guarentisti,
l’anima mia      salva d’ogni periglio
per i peccati      che in mia vita commisi„.
Il destro guanto      a Dio egli distese;
San Gabriel      dalla sua man lo prese.
Sopra il suo braccio      e’ tiene il capo chino:
giunte le mani,      è ito alla sua fine.
Dio gli mandò      l’angelo Cherubino
e San Michel      dal mare del periglio:
San Gabriel      insieme a lor discese:
l’anima sua      portano in Paradiso. AOI