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288 parte seconda

trici — la contessa Silvia Guastaverza, la quale, proprio in quel torno, declamava anche in città le tragedie più in voga: l’Atalia, la Berenice, di Racine, tradotta questa per lei dal Pindemonte — affreschi che ricordano inoltre, la principessa Maria Corsini, moglie del proprietario Mario Marioni — la quale calzava il socco — i successi della marchesa Marioni-Strozzi — che calzava il coturno — alla quale, il conte G. B. Da Lisca, dedicava nel 1789 una canzone.



Sul teatro del Chievo — ce lo narra Don Pighi — si rappresentò pure nel 1788, Il Celibe, dramma tradotto dal conte G. B. Gazzola e dedicato: “Alle dame e cavalieri della nobile famiglia dei conti Marioni e a tutta la nobile compagnia comica del Chievo.„

Come si vede, roba fatta a posta pei tempi giacobini che si preparavano allora, come lo sarebbe per quelli, più o meno grossi, che si vanno preparando oggi!

Perchè bisogna sapere che, dalla felice età dell’oro veronese, nella quale viveva Scipione Maffei, fino ai primi tempi del 1800, e anche più avanti, la passione per la drammatica fu costante, quasi tradizionale nella