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352 parte seconda

le fortune dell’Italia sono rimaste la gloria del Re, e il prodotto di una robusta virtù del popolo.

Il Re e il popolo, oggi in contatto, sono dunque due onestà, due forze e due intelletti d’amore che si ritrovano. Sono lo spettacolo di due cooperazioni, una augusta e l’altra umile e immensa, che si abbracciano nell’affanno e nella tenerezza per la patria.

Ogni convegno del Re con il popolo è, non solo una festa, ma una consecrazione nazionale.

Perchè non c’è italiano il quale non senta come Casa Savoia sia tutto il rifugio della fiducia e della speranza nazionale.

Al Re dunque, ch’è il polo della fede nazionale, è il focolare di dove scaturisce l’ossigeno costantemente ravvivatore delle istituzioni — ed è la sincera anima che ascolta il paese e lo avvia al bene — il popolo mandi il saluto d’un figliuolo assistito, e gridi l’evviva che una grande famiglia di forti sofferenti manda a chi li difende giorno per giorno, e li veglia per redimerli dalle avide tirannie degli sfruttatori.

Viva il Re! Viva l’Italia!


Autore di questo articolo, che non riportiamo che in parte, era il cav. G. A. Aymo, nato a Mondovì, ma cittadino di Verona; uno dei caratteri più nobili, fieri e disinteressati di giornalista, che s’incontrino nella vita. Egli morì or sono pochi mesi, e non vi fu cittadino veronese, non penna di giornalista italiano, anche per colore e tendenze avversario, che non lo abbia affettuosamente rimpianto. G. A. Aymo era uno scrittore affatto moderno nel pensiero e nelle opere. In lui, di antico, non ardeva che un’inestinguibile fiamma: l’amore della patria. Egli era forte ed era buono. Figlio di quel Piemonte che fu nido della libertà italiana, chiuse gli occhi serenamente pensando che, se a chi muore coll’arme in pugno sono decretate le insegne dei valorosi, a chi colla penna in mano muore impavido sulla breccia, apostolo del vero, del buono, del sano e umano progresso, sarà un giorno decretato il lauro degli immortali.

Il giornalista Aymo era amato e stimato anche ne’ suoi sfoghi nervosi; perchè davanti all’ingegno e all’opera di chi scrive in buona fede, tace ogni momentaneo risentimento; e ogni anima leale si china reverente. Ecco il saluto estremo che gli porgeva un amico:

“Salma lacrimata e cara, dormi tranquilla nel tuo letto di piombo... E se pure dentro l’urna sognano i morti, e tu sogna i baci delle tue creature!„

Detta così una doverosa parola di omaggio a un’anima eletta di patriota e di scrittore, torniamo alla mattina del 18, tanto dai veronesi aspettata.