Pagina:Patria Esercito Re.djvu/56

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38 parte prima

“Fu fortuna d’Italia„ — conclude il Canetta — “che Carlo Alberto sia in quel giorno rimasto illeso; perocchè il suo sangue avrebbe, chi sa per quanto tempo, ritardato il riscatto d’Italia, segnando così un abisso fra i Piemontesi e i Lombardi.„



Alla memoria di questo Re magnanimo è dunque consacrata la stupenda lirica di Costantino Nigra, della quale abbiamo dianzi parlato; e colla guida della quale, saliti sullo storico colle di Superga, entriamo, la Vigilia dei morti, nella cripta ove dormono l’eterno sonno i principi Sabaudi.

Allo squillo delle trombe il Goito, redivive, ecco là dentro scoperchiarsi lentamente una tomba!.... È quella dove giace lo scheletro gigante di Re Carlo Alberto, il volontario martire di Oporto.

Egli sorge dall’urna appoggiandosi sull’elsa della sua spada gloriosa. — Si stacca.... si muove. — L’ampia navata risuona al tintinnio de’ suoi speroni regali.

Intorno al fantasma del Sovrano, vengono via via affollandosi le ombre dei capitani uccisi nelle patrie battaglie.

Sulla soglia del tempio riempiono l’aria funerei nitriti.

Uscito all’aperto, il Re sale in groppa al suo bianco destriero, fido compagno delle battaglie, e si spicca al galoppo per la vallata del Po.

Il fantastico corteo, lungo, compatto lo segue a rispettosa distanza. Scende dai colli torinesi, traversa come nembo i piani di Vercelli.... della Sesia.... fino a che arriva alla pianura di Novara, testimone un giorno della tragica lotta.

Novara! — che fu chiamata il Waterloo d’Italia. — Novara! lotta di giganti, sostenuta corpo a corpo per ben diciott’ore: dove 10,000 morti pagarono una anticipazione di sangue al riscatto del 1859 e del 1866!

Il fantasma regale giunto sul luogo della battaglia, arresta il cavallo: e, come duce che, a manovra finita, attende allo sfilare del suo Esercito, anch’egli immobile, alta la testa, fisso lo sguardo, si atteggia a veder passare le schiere dei caduti eroi: le quali, intanto, si dispongono in colonna serrata al melanconico raggio delle stelle.

Qui il poeta esce colla invocazione da noi fatta precedere a queste pagine, e che lo stesso Ugo Foscolo invidierebbe:

. . . . . Anima eterna
Del mio paese! A me nell’arso fianco
Il tuo possente anelito trasfondi.
Fammi udir dalle schiuse sepolture
La tua gran voce! — E tu m’ispira il verso
Che fa santa la tomba, ed immortale
Il lauro ai forti per la patria estinti!