Pagina:Pavese - Dialoghi con Leucò.djvu/87

Da Wikisource.

la rupe 83



piangere. E se t’inchiodano, se sali sul monte, quest’è la vittoria che il destino ti consente. Dobbiamo esserne grati. Che cos’è una vittoria se non pietà che si fa gesto, che salva gli altri a spese sue? Ciascuno lavora per gli altri, sotto la legge del destino. Io stesso, Erade, se oggi vengo liberato, lo devo a qualcuno.

eracle   Ne ho vedute di peggio, e non ti ho ancora liberato.

prometeo   Eracle, non parlo di te. Tu sei pietoso e coraggioso. Ma la tua parte l’hai già fatta.

eracle   Nulla ho fatto, Prometeo.

prometeo   Non saresti un mortale, se sapessi il destino. Ma tu vivi in un mondo di dèi. E gli dèi vi hanno tolto anche questo. Non sai nulla e hai già fatto ogni cosa. Ricorda il centauro.

eracle   L’uomo-belva che ho ucciso stamane?

prometeo   Non si uccidono, i mostri. Non lo possono nemmeno gli dèi. Giorno verrà che crederai di avere ucciso un altro mostro, e piú bestiale, e avrai soltanto preparato la tua rupe. Sai chi hai colpito stamattina?

eracle   Il centauro.

prometeo   Hai colpito Chirone, il pietoso, il buon amico dei titani e dei mortali.

eracle   Oh Prometeo...

prometeo   Non dolertene, Eracle. Siamo tutti consorti. È la legge del mondo che nessuno si liberi se per lui non si versa del sangue. Anche per te avverrà lo stesso, sull’Oeta. E Chirone sapeva.

eracle   Vuoi dire che si è offerto?

prometeo   Certamente. Come un tempo io sapevo che il furto del fuoco sarebbe stato la mia rupe.

eracle   Prometeo, lascia che ti sciolga. Poi dimmi tutto, di Chirone e dell’Oeta.