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ralismo, la buona educazione ecc. Si tratta di trovare il cànone storico-politico che lo permetta. Ora il suo di lui salva forse le cose che il tuo di te salva? Non pare. Ecc. ecc.

9 gennaio.

La passione smodata per la magia naturale, per il selvaggio, per la verità demonica di piante, acque, rocce e paesi, è un segno di timidezza, di fuga davanti ai doveri e agli impegni del mondo umano.

Ferma restando l’esigenza mitica di sentire la realtà delle cose, ci vuole il coraggio di fissare con gli stessi occhi gli uomini e le loro passioni. Ma è difficile, è scomodo — gli uomini non hanno la fissità della natura, la sua larga interpretabilità, il suo silenzio. Gli uomini ci vengono incontro imponendosi, agitandosi, esprimendosi. Tu hai cercato in vari modi di impietrarli — isolandoli nei loro momenti piú naturali, immergendoli nella natura, riducendoli a destino. Eppure i tuoi uomini parlano, parlano — in essi lo spirito si dibatte, affiora. È questa la tua tensione. Ma tu questo spirito lo subisci, non vorresti trovarlo mai. Aspiri all’immobilità naturale, al silenzio, alla morte. Far di loro dei miti polivalenti, eterni, intangibili, che pure gettino un’incantesimo sulla realtà storica e le diano un senso, un valore.

10 gennaio.

La feconda idea che destino sia il mito, il selvaggio (l’emozione della Vigna) e che perciò — una volta spiegato — se sussiste nella sua forma arcaica diventa superstizione. Destino è ciò che di mitico ha un’intera esistenza, un dramma. È ciò che accade e non si sa ancora che è accaduto. Ciò che pare libertà e invece si chiarisce poi paradigmatico, ferreo, prefissato. Destino è lo storico prima d’essere inteso nei suoi nessi e nella sua necessità-libertà. Quando tratta di uomini, la poesia guarda sempre ai destini — si muove sui destini e magari li intende, li chiarisce, ne fa storie.