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34 1936


Alla prova. Ora che ho raggiunta la piena abiezione morale, a che cosa penso? Penso come sarebbe bello se quest’abiezione fosse anche materiale, avessi per esempio le scarpe rotte.

Soltanto cosí si spiega la mia vita attuale da suicida. E so che per sempre sono condannato a pensare al suicidio davanti a ogni imbarazzo o dolore. È questo che mi atterrisce: il mio principio è il suicidio, mai consumato, che non consumerò mai, ma che mi carezza la sensibilità.

Il terribile è che tutto quanto mi resta ora non basta a raddrizzarmi perché nell’identico stato — a parte i tradimenti — c’ero già stato in passato e già allora non avevo trovato nessuna salvezza morale. Nemmeno questa volta mi indurirò, è chiaro.

Eppure — o che l’infatuazione mi inganna, ma non credo avevo trovato la via della salvezza. E con tutta la debolezza ch’era in me, quella persona mi sapeva legare a una disciplina, a un sacrificio, col semplice dono di sé. E non credo che questa fosse la virtú di Pierino, perché il dono di lei mi alzava all’intuizione di nuovi doveri, me li rendeva corpo dinanzi. Perché abbandonato a me, ne ho fatta l’esperienza, sono certo di non riuscirci. Fatto una carne e un destino con lei, ci sarei riuscito, ne sono altrettanto certo. Anche per la mia stessa viltà: sarebbe stato un imperativo al mio fianco.

Invece, che cosa ha fatto! Forse lei non lo sa, o se lo sa non gliene importa. Ed è giusto perché lei è lei ed ha il suo passato che le traccia l’avvenire.

Ma ha fatto questo. Che io ho avuto un’avventura, durante la quale sono stato giudicato e dichiarato indegno di continuare. Davanti a questo tracollo non è assolutamente piú nulla il rimpianto dell’amante che pure è cosí atroce, o la rovina della posizione, che pure è grave.

Si confonde, il senso di questo tracollo, con la martellata che nel 1934 aveva cessato di picchiarmi: via l’estetica, via le pose, via il genio, via tutte le balle, ho mai fatto qualcosa io nella vita che non fosse da fesso?

Da fesso nel senso piú banale e irrimediabile, da uomo che non sa vivere, che non è cresciuto moralmente, che è vano, che si sorregge col puntello del suicidio, ma non lo commette.