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11 maggio.

Esamina quante cose ti piacciono e ridestano solo perché «fanno bizzarro» e vergógnati.

Tra le persone non piú tanto. Ma nella natura! Il giardino tigrato, le nuvolette della primavera, il salto da Torino alla pianura della Dora, l’odore di benzina tra le piante dei viali ecc. ecc.

In fondo tutto il delirante delle tue passeggiate è fatto di bizzarro, che si differenzia dal pittoresco dell’800 solo perché hai avuto la bontà di preferirlo.

Va da sé che vorremmo dargli un valore universale tanto solidamente costruito da riscattarlo. «There is no excellent beauty that bath not some strangeness...» Tutto il problema sta nella strangeness. Ma la frase continua «... in the proportion». Vale a dire: la costruzione della bellezza deve avere bizzarro, gli elementi vanno banali e — dico io — immediatamente riconoscibili. Perché, insomma, scoprire una strangeness di cose è facile e non significa nulla; bisogna scoprire una strangeness di rapporti — di costruzione - e allora si sarà insegnato a vedere il bizzarro, si sarà mostrato come il bizzarro nasce e vive tra la banalità e serietà universali.

Indiscutibile essendo che tutta l’arte mira alla «meraviglia»: meglio, a «insegnare la meraviglia». Stupendosi del «come» e non del «che» ci si potrà stupire poi, sempre che si voglia.

13 maggio.

Siccome Dio poteva creare una libertà che non consentisse il male (cfr. lo stato dei beati liberi e certi di non peccare), ne viene che il male l’ha voluto lui. Ma il male lo offende. È quindi un banale caso di masochismo.

E stare attenti che il poeta ragiona col come e non col perché. «Hai fregato X., fregherai me; come me, Y.; come lui, me ecc.».

Vendredi, treize, — indiscutibilmente, non siamo piú bambini.