Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/160

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«Tanto se ci sono t’infilzi» dicevo nel sogno, e sentivo la vertigine e pensavo. Chi sa che rumore faccio quando cado nell’acqua.

Poi mi sveglio e non ero piú io. «Anche se ti svegli, — pensavo, — devi ancora salire su dal pozzo». Invece trovo tutto quieto e la collina lavata nel sole, e non un’anima in giro. Talino aveva avuto il criterio di andarsene senza svegliarmi. Mentre sonnecchiavo, sentivo qualche movimento nella stalla; poi, il caldo del sole sulle gambe. Allora mi torna in mente Gisella, e mi siedo sul materasso, e riprendo forze.

Non credevo che anche in campagna il mattino della domenica ci fosse una differenza, ma si vede proprio che lavorare offende anche l’aria, perché quella mattina era tutto piú fresco e piú tranquillo.

«Bella carogna stanotte Talino, farmi quello scherzo». Ero ancora giú per il sogno, ma piú guardavo la collina e che Rico non s’era veduto e che Talino mi lasciava solo, e piú godevo. Vigliacca d’una Gisella, pensavo, proprio tutte ci stanno. Poi pensavo a Michela, se aveva già trovato il merlo. Nella sua stanza, a quell’ora dormiva; era domenica anche per lei. Meglio Gisella che sembrava piú ignorante ma non era, e almeno mi rispettava e capiva con chi aveva da fare. — Vedrò cosa mi dice stamattina, — faccio. — È il giorno dopo, che una donna si conosce.

Si sentiva passare gente sulla strada e cianciare. Qualcuno nel cortile davanti alla casa pompava dell’acqua. Il cortile era ancora tutto in ombra, e ci trovo Nando che riempiva un mastello. Me ne faccio versare una secchia sul collo, perché era il bere delle bestie, e poi vado in cucina. Non c’era nessuno e si stava d’incanto. Allora prendo pane e mele e mi siedo sul trave e mangiavo, mentre Nando vicino al pozzo pompava.

Dava dentro con slancio per farsi vedere, e ogni tanto si fermava e si fregava le mani sui calzoni come fanno i carrettieri. Pensare ch’ero stato anch’io della sua età e avevo fatto le stesse commedie. Ragazzi e donne siamo uguali dappertutto.

Sento la voce di Gisella alla finestra. — Ohilà! Si è già svegliato il macchinista? — Allora Nando mi fa l’occhio e le risponde: — È qui che mangia colazione.

Lascio che scenda, senza muovermi. Gisella aveva una sottana rossa e le scarpe e le calze, e la faccia piú fresca. — Cos’hai mangiato? — mi chiede. — Le tue mele — . Allora andammo nella stanza


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