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Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/359

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l’altro e se gli era passata. Forse si era di nuovo sbronzato. Quante cose succedevano in quei palazzi. A quest’ora anche Linda si era addormentata. Cosí contento non sarò mai piú, gridai tra me come parlassi. Ma la piazza era vuota e avrei potuto anche urlare.

Alla stazione non ci andai stavolta. C’era un caffè già mezz’aperto, in via Milano. Mi ficcai dentro. Avevo sonno ma era bello fumare pensando a stanotte. Presi del latte per scaldarmi e sostenermi. Poi ci misi un grappino.

Cosa c’è di diverso, pensavo, da quando eravamo ragazzi. C’è che si gira e che la casa è dappertutto e in nessun luogo, come al catechismo. C’è che adesso si beve il grappino, ma il latte è ancora quello. Chi sa se a Linda piace il latte. Poi pensavo che Linda come tutte le donne doveva averci il latte dentro. Mi venne in mente che il bambino succhia il latte di una mamma che ha fatto l’amore. E che strilli se non gliene dànno. Me la ridevo in quel caffè.

Poi entrarono facce bruciacchiate dal freddo. Una donna, due donne dal grembialone di cuoio, verduriere dei banchi, che anche loro prendevano grappini o il caffè con la branda. Un facchino, dei pezzenti, che battevano i piedi. Erano facce come tante del corso. Cominciò a far chiaro.

Andando a casa ripensavo a quelle facce. Chi lavora e chi no, dicevo. Serve a qualcosa lavorare quando un facchino e un miserabile qualunque hanno alla fine l’identica faccia? Tra chi non sa dove dormire e chi va in piazza avanti giorno, non c’è una grossa differenza. Hanno i geloni tutti e due.

Sta’ a vedere che ha ragione Linda, dicevo. Non son nato per fare quattrini. In fondo al corso si vedeva la montagna. Ma Linda dormiva, e in montagna c’era andata con Amelio quella notte cosí fredda che c’era solo la chitarra e si scaldavano le mani con la grappa.

Avevo freddo a camminare. Siccome tagliavo davanti alle Nuove, mi ricordo che diedi un’occhiata a quei muri pesanti e dicevo: «Chi sa se le celle le scaldano?» Poi ti vedo un furgone davanti al cancello e quei tali che aprivano. Quasi quasi fui lí per fermarmi. Non avevo mai visto andar dentro. Quante cose succedono. «Mettono dentro anche a quest’ora, — pensai fino a casa. — Chi sa se in prigione si può bere del latte».


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