Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/397

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— Mi batte il cuore, — disse Linda. — Perché so che ci soffri. Senti, — e mi prese una mano e se la mise sulla pelle. Toccai quel calore e stringevo le dita. Poi strinsi ancora e lei gridò.

Si mise a ridere. — Non parli e mi maltratti, — disse piano. — Non sono mica la chitarra.

Quando scesi le scale era notte alta e pensai che potevo dormire. Feci un pezzo di tram con la testa appoggiata al finestrino. Chiudevo gli occhi e mi assopivo; avevo in mente quei mattini ch’ero rientrato a prima luce.

L’indomani mi rimisi con Milo e partimmo per Genova. Era un trasporto con rimorchio, piú difficile. Il meccanico fu contento di darmi il suo posto e metà la condotta: rimase a Torino. Era l’unico modo che potessi ancor vivere. Quando uscimmo di barriera, fui quasi contento.

Milo a Genova aveva una ragazza e passò a salutarla. Io restai solo, in quelle strade, e girai fino a notte. C’era un vento che screpolava le labbra, e adesso sí l’odor del mare si sentiva. Faceva scuro e dondolavano i lampioni sulle viuzze. In sostanza l’odor di mare era come Torino quando in montagna ha nevicato e fa sereno. Davo dei morsi in quell’odore come un cane, e cercavo il terrazzo dov’ero stato con Linda, l’osteria di allora. Linda l’avevo nella pelle come il sangue, ma il mare lo vidi da un altro terrazzo.

Nel ritorno, l’idea che rientravo a Torino mi tenne occupato. Appoggiavo la testa al tramezzo e cercavo di dormire. Mi sembrava di vivere in mezzo a un pericolo, a qualcosa di già capitato e deciso. «È già tutto capitato, — dicevo, — e son qui». Milo mi disse: — Quando attacchi, fai piú piano. Se mi scassi la leva, restiamo per strada — . Poi riprese a parlare di quella ragazza di Genova.

Passai cosí diversi giorni, all’osteria e sopra i camion. Bevevo, correvo, dormivo a casaccio. Entravo in casa solamente per pigliare sigarette. Mia madre disse: — Non ti cambi la camicia? — Mi ero messo un maglione con sopra la tuta. — Vado a Biella, — le dissi, — mi conosce nessuno — . Seppi che Amelio era da un pezzo andato via da casa sua. Avevan preso un pianterreno e un negozietto chi sa dove. «Proprio adesso che tutto è finito» dicevo. Ma mi fece piacere non saper dove stava. Pensavo a Linda che sapeva dove stavo e passava ogni sera nel solito bar.

Ma Carletto lo posso vedere, mi dissi una sera. Passai davanti


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