Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/49

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Ci sono da quattro mesi e già mi pare tollerabile. Siamo qui in villeggiatura.

Pierino taceva, a testa bassa: pensava ad altro. Stefano si guardò la spuma sotto i piedi, nel mare oscurato da un passaggio di nubi.

— Lo vedete che paese! — ripeté Pierino e gl’indicò certi punti neri disseminati nel mare in una chiazza di sole, sotto l’ultima lingua di spiaggia. — Lo vedete! Quello è il reparto femmine.

— Forse sono ragazzi, — borbottò Stefano.

— Macché, quell’è la spiaggia delle donne, — disse Pierino alzandosi. — Che si credono poi di portare nel grembo, quelle donne? Se nessuno le tocca, non saranno mai donne.

— Vi assicuro che qualcuno le tocca, — rilevò Stefano. — Tante case in paese, tanti bei toccamenti. Queste cose succedono. Chiedetene a Catalano.

— A voi piacciono le donne di qui? — disse Pierino, disponendosi a saltare.

Stefano storse la bocca. — Se ne vedono poche...

— Sembrano capre, — disse l’altro, e si tuffò.

Mentre si rivestivano a riva, Stefano disse ridendo: — Ce n’è una, la piú capra di tutte, che sta nella casa grigia fuori del paese, dopo il ponte. La conoscete?

— La casa Spanò? — disse Pierino fermandosi.

— Quella coi gerani alla finestra.

— È quella. Ma, scusate, non capisco il paragone. È una donna di sangue sottile e di fattezze regolari. Come la conoscete?

— L’ho veduta portare la brocca alla fontana.

Pierino si mise a ridere. — Voi avete veduta la serva.

— Infatti...

— Come, infatti? Si parla di Carmela Spanò, e vi posso anche dire ch’è promessa a Giannino Catalano.

— Concia...?

Quando giunsero all’osteria tutto era chiaro, e Stefano sapeva perché tanti sorrisi e sarcasmi avevano accolto la sua fatuità quel mattino dopo la festa, all’osteria. Tutti avevano mentalmente confrontato le sue grosse parole sulla serva con l’ignota padrona di casa; e il nome di Giannino era venuto ad aumentare la malizia della cosa.

— Questa Concia l’ho vista una volta, — disse Pierino, — e non


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