Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/113

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inutile attesa mi sembrava ogni giorno piú futile. Adesso che il passato era soltanto una piccola nube, una pena, un comune rimpianto, quel soggiorno in collegio diventava fastidioso come stare in carcere.

Non potevo tornare alla villa. Potevo soltanto riandare il passato, ripensare gli scomparsi a uno a uno, riascoltarne le voci, illudermi che qualcosa di loro mi restasse. Mi pareva di esser molto cambiato dall’anno prima, da quando passeggiavo per i boschi tutto solo e la mia scuola mi attendeva a Torino, e aspettavo paziente che la guerra finisse. Adesso Dino era stato con me in quel cortile, sua madre me l’aveva mandato. Dino era un grumo di ricordi che accettavo, che volevo, lui solo poteva salvarmi, e non gli ero bastato. Non ero nemmeno sicuro che, incontrandolo, mi avrebbe fatto caso. Se fossi sparito coi suoi, non mi avrebbe degnato di un ricordo di piú. Veramente la guerra non doveva finire se non dopo aver distrutto ogni ricordo e ogni speranza. Questo già allora lo capivo. E capivo perciò, che avrei dovuto uscir dal portico, scavalcare i ricordi, accumulare un’altra vita. L’immagine di tutti che andavano — gli assistenti, Dino, l’Elvira — mi metteva la smania. Senza paura era impossibile restare in collegio. Capivo Dino. Capivo padre Felice. Avrei dovuto essere un prete.

L’Elvira mi aveva portata un’altra lettera dei miei, che mi diceva, come sempre, di raggiungerli durante le vacanze. Nessuno mi avrebbe cercato lassú; quello era certo il nascondiglio piú sicuro. Decisi di andarci, prima ancora di dirmelo. Ci pensai giorno e notte atterrito ripetendo «C’è tempo», ma sapevo di avere già scelto. L’ultima volta c’ero stato l’anno prima della guerra, e m’ero detto già allora: «Se almeno morissi quassú», perché, a immaginarla in anticipo, la guerra è un riposo, una pace.

L’Elvira non voleva saperne. Non disse che dai miei correvo rischi; sapeva benissimo che a casa nessuno mi avrebbe cercato; parlò del viaggio, dei casi imprevisti, mitragliamenti, brutti incontri, ponti interrotti. Se me ne andavo, le lessi negli occhi, sarei ritornato? Le dissi allora che ero a corto di quattrini; non potevo piú vivere alle spalle degli altri; presto o tardi, le dissi, chi è mantenuto si ribella. — Ma questa guerra finirà, — si difese indignata. — Dovrà pure finire. E allora potrà sdebitarsi tornando con noi.

Le chiesi un sacco da montagna con le cose indispensabili. Le dissi di non dire a nessuno, nemmeno alla madre, che facevo quel


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