Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/173

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stesa gli disse di smetterla. Pieretto si mise a parlare del sangue. Disse che il gusto dell’intatto e del selvaggio era gusto di spargere il sangue. — Si fa all’amore per ferire, per spargere sangue, — spiegò. — Il borghese che si sposa e pretende una vergine, vuole cavarsi anche lui questa voglia...

— La smetta, — gridò Carlotta.

— Perché? — disse lui. — Tutti speriamo che ci tocchi una volta...

Linda si alzò, si stirò al sole e propose di fare una nuotata.

— Si va in montagna, si va a caccia, per lo stesso motivo, — diceva Pieretto, — la solitudine in campagna mette sete di sangue...

Da quel giorno la bella Carlotta non venne piú nei luoghi intatti. Linda ci disse: — State freschi — . Cosí Pieretto si giocava le ragazze e sosteneva di aver ben manovrato e restare in vantaggio. Poi scopriva luoghi nuovi e gente nuova, e il discorso cambiava. Finiti i bagni, non aveva stretto amicizia se non col padrone di qualche bettola e con vecchi pensionati.

Io di quella spiaggetta nascosta mi ricordai a lungo. In fondo, il mare cosí grande e inafferrabile non mi diceva gran che; mi piacevano i luoghi ristretti che avevano una forma e un senso — insenature, viottoli, terrazze, uliveti. Certe volte, appiattito su uno scoglio, scrutavo una scheggia grande come il pugno, che contro il cielo appariva un’enorme montagna. Queste cose mi piacciono.

Adesso pensavo a Oreste, ch’era il prim’anno che vedeva il mare. Pieretto non l’avrebbe lasciato dormire e insieme li sapevo capaci di qualunque cosa, da fare il bagno nudi a visitare le sette chiese. Poi c’era Linda e le sue amiche, e c’era il padre, persona imprevedibile e violenta. Io rimpiangevo certe levate antelucane e il passeggio furtivo lungo il mare al tepore delle ultime stelle. Certo Oreste non avrebbe avuto bisogno di condimenti per godersi la vacanza. Ma avrei pagato per sentirgli dire a voce, portandolo in barca sul Po, se quel mondo lo convinceva.

Invece né lui né Pieretto tornarono a Torino. Tornò Linda che lavorava in un ufficio e mi telefonò ai primi d’agosto. — Stia a sentire, — mi disse, — gli amici l’aspettano in un paese che non so piú come si chiama. Si faccia vedere e le darò le istruzioni — . Le dissi subito un nome — le colline d’Oreste. Era là. Quegli accidenti eran già andati.

La incontrai prima di cena, davanti al suo caffè. Lí per lí non


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