Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/174

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la riconobbi, tant’era annerita. Anche stavolta mi parlò ridendo, come si scherza coi ragazzi. — Mi offre il vermut? — mi disse. — È una abitudine di spiaggia.

Si sedette accavallando le gambe. — Brutta cosa rientrare in agosto, — sospirò, — beato lei che non s’è mosso.

Parlammo di quei due. — Cos’abbiano fatto non so, — disse, li ho lasciati sguazzare. Sono grandi abbastanza. Quest’anno avevo i miei amici, gente fatta, troppo fatta per voialtri...

— E Carlotta, la bella Carlotta?

Linda rise, a bocca spalancata. — Pieretto esagera a volte. Siamo tutti cosí, in famiglia. Succede anche a me. Siamo tremendi. Ma con gli anni peggioriamo.

Non le dissi di no e la sbirciavo. Lei se ne accorse e mi fece una smorfia.

— Non avrò piú i vostri vent’anni, — brontolò, — ma nemmeno ne ho tanti.

— Vecchi si nasce, — dissi, — non si diventa mica.

— Quest’è di quelle di Pieretto, — gridò Linda, — quelle autentiche.

Feci anch’io la mia smorfia. — Ne diciamo una al giorno, — brontolai, — fin che basta.


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