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Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/21

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l’orlo dei prati che portano a Po. Gallo aveva combriccole diverse dalle nostre; giocava al biliardo in fondo a via Nizza; una volta che andammo in barca, passò a chiamare Cate in un cortile. Ci andai poi da solo con lei nell’estate.

Con Cate lasciavamo la barca tirata a riva, scendevamo sull’erba, e giocavamo a fare la lotta tra i cespugli. Molte donne m’intimidivano ma non Cate. Con lei si poteva facilmente imbronciarsi, senza perdere l’iniziativa. Era un po’ come all’osteria quando si è chiesto da bere: non si aspetta un gran vino, ma si sa che verrà. Cate sedeva e si lasciava carezzare. Poi le prendeva il batticuore che qualcuno ci vedesse. Tra noi le parole non erano molte, e ciò mi dava coraggio. Non occorreva che parlassi o promettessi. — Cosa c’è di diverso, — le dicevo, — tra fare la lotta e abbracciarsi? — Cosí ci prendemmo sull’erba, una volta, due volte, malamente. Venne il giorno che già sul tram ci dicevamo che andavamo a far l’amore. Un mattino che ci colse un temporale appena giunti, rimpiangemmo, remando di furia, l’occasione perduta.

Una sera Cate salí le scale di casa mia per fumare una sigaretta tranquilli, e stavolta facemmo l’amore con piú gusto sul letto e lei diceva com’è bello, quando piove o fa freddo, venirsi a trovare e stare insieme a discorrere e sfogarsi. Toccò i miei libri e li fiutò per gioco, e mi chiese se davvero potevo servirmi della stanza giorno e notte senza che nessuno venisse a darmi noia. Lei viveva coi suoi, sei o sette, in due stanze su un cortile. Ma quella fu l’unica sera che venne a trovarmi. Capitava invece nel caffè dove io vedevo gli amici, ma per quanto ci fosse Gallo e la salutassimo tutti, se ne stava seduta in soggezione e aveva perso la risata. Io poi combattevo tra la soddisfazione di averci la ragazza e la vergogna del suo tipo scalcagnato e inesperto. Mi diceva che avrebbe voluto saper scrivere a macchina, servire in un grande negozio, guadagnare per andare a fare i bagni. Le comperai qualche volta un rossetto che la riempi di gioia, e fu qui che mi accorsi che si può mantenere una donna, educarla, farla vivere, ma se si sa di cos’è fatta la sua eleganza, non c’è piú gusto. Cate aveva il vestito ragnato e la borsa screpolata; commuoveva, a sentirla, tant’era il contrasto tra la sua vita e i desiderî; ma la gioia di quel rossetto mi diede ai nervi, mi chiarí che per me lei non era che sesso. Sesso sgraziato, fastidioso. E una pena, saperla tanto scontenta e ignorante. Si correggeva, a volte, ma aveva degli sciocchi entusiasmi, delle brusche


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