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che nemmeno in un deserto questa gente ci lasciano in pace. Se domani avessi dovuto scapparmene, nascondermi, per non farmi internare, mi sentivo già addosso la mano del poliziotto come l’urto del treno. Era questa l’America.
Ritornai nella cabina, mi feci su in una coperta e cercavo di sonnecchiare come fossi sull’angolo della strada Bellavista. Adesso rimuginavo che con tanto che i californiani erano in gamba, quei quattro messicani cenciosi facevano una cosa che nessuno di loro avrebbe saputo. Accamparsi e dormire in quel deserto — donne e bambini — , in quel deserto ch’era casa loro, dove magari coi serpenti s’intendevano. Bisogna che ci vada nel Messico, dicevo, scommetto che è il paese che fa per me.
Piú avanti nella notte una grossa cagnara mi svegliò di soprassalto. Sembrava che tutta la pianura fosse un campo di battaglia, o un cortile. C’era una luce rossastra, scesi fuori intirizzito e scassato; tra le nuvole basse era spuntata fetta di luna che pareva una ferita di coltello e insanguinava la pianura. Rimasi a guardarla un pezzo. Mi fece davvero spavento.
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