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sate a crescere... cosí dicevano i nostri nonni... si vedrà quando toccherà a voi». A quei tempi non mi capacitavo che cosa fosse questo crescere, credevo fosse solamente fare delle cose difficili — come comprare una coppia di buoi, fare il prezzo dell’uva, manovrare la trebbiatrice. Non sapevo che crescere vuol dire andarsene, invecchiare, veder morire, ritrovare la Mora com’era adesso. Tra me pensavo: «Mangio un cane se non vado a Canelli. Se non vinco la bandiera. Se non mi compro una cascina. Se non divento piú bravo di Nuto». Poi pensavo al biroccio del sor Matteo e delle figlie. Al terrazzo. Al pianoforte nel salotto. Pensavo alle bigonce e alle stanze del grano. Alla festa di San Rocco. Ero un ragazzo che cresceva.
L’anno che grandinò e che poi Padrino dovette vendere il casotto e andare servitore a Cossano, già varie volte nell’estate mi aveva mandato a giornata alla Mora. Avevo tredici anni ma qualcosa facevo, e gli portavo qualche soldo. Traversavo Belbo la mattina — una volta venne anche Giulia — e con le donne, coi servitori, con Cirino, Serafina, aiutavamo a far le noci, la meliga, a vendemmiare, a governare le bestie. A me piaceva quel cortile cosí grande — ci si stava in tanti e nessuno ti cercava — , e poi era vicino allo stradone, sotto il Salto. Tante facce nuove, la carrozza, il cavallo, le finestre con le tendine. Fu la prima volta che vidi dei fiori, dei veri fiori, come quelli che c’erano in chiesa. Sotto i tigli, dalla parte del cancello c’era il giardino, pieno di zinie, di gigli, di stelline, di dalie — capii che i fiori sono una pianta coma la frutta — , facevano il fiore invece del frutto e si raccoglievano, servivano alla signora, alle figlie, che uscivano col parasole e quando stavano in casa li aggiustavano nei vasi. Irene e Silvia avevano allora diciotto-vent’anni, le intravedevo qualche volta. Poi c’era Santina, la sorellastra appena nata, che l’Emilia correva a cullare di sopra tutte le Volte che si sentiva strillare.
La sera, al casotto di Gaminella, raccontavo queste cose all’Angiolina, a Padrino, a Giulia, se non era venuta anche lei, e Padrino diceva: — Quello è un uomo che può comprarci tutti quanti. Sta bene Lanzone con lui. Il sor Matteo non morirà mai su una strada. Puoi dirlo — . Perfino la grandine, che ci aveva pelato la vigna, non aveva battuto di là da Belbo, e tutti i beni della piana e del Salto luccicavano come la schiena di un manzo. — Siamo a terra, — diceva Padrino, — come faccio a pagare il Consorzio? — Già vecchio
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