Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana I.pdf/174

Da Wikisource.
166 pellegrino rossi e la rivoluzione romana

mentre sapeva come e quanto diversamente considerasse il Principe di Metternich la situazione d’Italia, la quale egli vedeva nella sua realtà, con ben più alta e profonda visione dei fatti, con ben più alta e più profonda preveggenza delle loro logiche conseguenze. Il principe cancelliere aveva più volte fatto esprimere al ministro francese per mezzo del Conte d’Appony, suo ambasciatore a Parigi, le proprie idee. Egli si era palesato avverso alla tanto vantata politica du juste milieu, oggetto di tutte le tenerezze del suo nuovo amico Guizot. Tali idee il principe svolgeva un’altra volta in una splendida lettera privata da lui indirizzata al Conte d’Appony e che è una delle tante attestazioni della superiorità dell’ingegno del principe, superiorità che è stata molto discussa e che da parecchi scrittori è ancora — e a molti sembra ed anche a me — erroneamente contestata. Il Metternich — il quale sentiva sotto i suoi piedi la tempesta, che vedeva in Italia posto in pericolo il dominio della Casa d’Asburgo, ma che tutto ciò non voleva e non poteva confessare altrui metteva la questione in questi termini, cioè nei suoi veri termini: «Lo stato della Chiesa e la Toscana sono sulla via di riformarsi, o si avanzano essi sul pendio della rivoluzione?»

Dopo avere, con mirabile lucidità, definito ciò che egli intendesse per rivoluzione, il Principe di Metternich esaminava, anche sulla scorta di sagaci paragoni storici, se ad una rivoluzione potesse utilmente applicarsi la politica du juste milieu. Dopo avere dimostrato che tale politica potrebbe, tutto al più, essere la conseguenza, non il precedente di una rivoluzione, dopo avere giustificata la propria politica di resistenza, egli concludeva: «Noi facciamo differenza fra l’azione che esige un movimento il quale abbia il carattere di una rivolta e quella che è applicabile a una rivoluzione. Le rivolte hanno un corpo col quale è possibile imprendere una lotta; le rivoluzioni, al contrario, hanno molto di comune con gli spettri; e noi sappiamo - per regolare la nostra condotta - attendere che gli spettri si rivestano di un corpo»1.

Questa lettera è la espressione nitida di una politica decisa,

  1. Lettera del Principe di Metternich al Conte d’Appony, in data 31 ottobre 1817, riportata dal Guizot nelle sue Mémoires, tom. VIII, cap. XLVI. Cfr. con Metternich, op. cit., tom. VIII, in tutto il cap. VI.