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solo fra i giudizi più antichi e i posteriori, ma anche, spesso, fra sentenze dall’illustre uomo pronunciate in un medesimo periodo di tempo.

Alla qual contraddizione, secondo me, debbono assegnarsi tre ragioni.

Ora è bene stabilire, prima d’indagare quelle ragioni, che il Rossi, il quale, nel complesso dei suoi atti e delle manifestazioni del suo pensiero, era stato sempre ciò che si dice un libero pensatore, il Rossi, che era politicamente abbastanza scettico sebbene più in apparenza che in sostanza - era pur tuttavia, nel fondo della sua coscienza, religioso, come è dato dedurlo dai pensieri da lui espressi nell’articolo inserito nella Revue des Deux Mondes del 1842 e da me riferiti1 e da varii luoghi delle sue lezioni, come, ad esempio, dalla lezione sesta del suo Corso di diritto costituzionale in cui scriveva: «Certo, sia che si studi la natura dell’uomo in sè stessa, sia che si studi negli annali della storia, è impossibile disconoscere che il sentimento religioso domina l’umanità tutta intiera. Voi lo trovate ugualmente presso i popoli più civili, e presso i popoli più selvaggi, fra gli abitanti dei grandi come fra quelli dei piccoli stati»2, e dalle parole contenute, appresso, nella stessa lezione; «in tutti i tempi e in tutti i luoghi l’unità di religione è stato un poderoso mezzo di unità nazionale, come la diversità di religione è stato un potente ostacolo a questa unità».

Ciò premesso, è da vedere quale fosse il suo pensiero relativamente a due altri grandi fatti della civiltà umana e che egli stesso giudicava come due grandi fattori della storia della civiltà stessa; il cristianesimo e il cattolicesimo.

Quanto al cristianesimo egli pensava «che fosse scritto nei decreti della Provvidenza che, se doveva avvenire una grande trasformazione del mondo antico, non ne avverrebbe però l’annientamento e la completa dissoluzione... Era l’opera del cristianesimo di sollevare i Romani degradati, di mondarli delle loro sozzure, di elevare i loro sentimenti, di allargare le loro idee, e di far loro intravedere qualche cosa di più che un diritto

  1. Vedi a pag. 61 di questo stesso volume.
  2. P. Rossi, Cours de droit constitutionnel, tom. I, lez. VI, pag. 79».