Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana III.pdf/190

Da Wikisource.
178 il processo di pellegrino rossi

effettivamente presenti al fatto, sessantadue individui, alcuni pienamente informati, altri assolutamente non informati, altri soltanto in minima parte informati della congiura; dei quali sessantadue quaranta erano Reduci della campagna di guerra del Veneto, sebbene non tutti indossassero sulla piazza della Cancelleria la divisa di Legionari in quel giorno 15 novembre 1848. Fra questi sessantadue a tutti quelli che nulla sapevano di ciò che si era tramato e anche a quelli che qualche cosa della trama avevano appreso nell’atrio della Cancelleria pochi minuti prima del misfatto non può essere attribuita responsabilità nell’eccidio perchè il loro involontario concorso alla uccisione del Rossi non fu la circostanza che la rese necessaria.

Essi erano tutti — per le ragioni più volte addotte e date le condizioni di quell’ambiente storico — erano tutti logicamente avversi al Ministro Rossi e dalle premesse erano spinti a manifestargli con urli e fischi la loro disapprovazione; e di ciò che avvenne non ebbero neppure intenzionalmente coscienza.

I responsabili della morte di Pellegrino Rossi furono anzi tutto i mandanti Pietro Sterbini, Luciano Bonaparte di Canino, Pietro Guerrini, Angelo Brunetti e il Salvati e il Bezzi ed altri se ve ne furono e, dopo di essi, i mandatari ed esecutori.

Ma fra tutti costoro la maggiore e la più grave responsabilità ricade sul capo di Pietro Sterbini sia per la posizione che esso moralmente e politicamente occupava in quel momento, sia perchè risulta che della trama fu il principale ispiratore e organizzatore, sia perchè egli per la preponderanza dell’ingegno suo su tutti gli altri era quel desso che più e meglio degli altri avrebbe dovuto intendere e valutare le ragioni addotte dallo Spini a dissuadere dal delitto, sia perchè in lui considerazioni di interesse personale — anche a sua insaputa — potevano essersi insinuate a persuaderlo a disfarsi di Pellegrino Rossi1.


  1. Un sentimento di delicatezza e i rimasugli dell’antica ammirazione che io aveva per lungo tempo provata per Pietro Sterbini poeta, patriota e polemista, mi spinsero, dinanzi alle resultanze processuali