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206 il processo di pellegrino rossi

i veri rei, i principali, si assottigliavano e si smarrivano i mezzi di prova rispettivamente pel fisco e per gli accusati, come al proposito dimostreremo; insomma si andava sciupando il tempo più prezioso. Nella decorrenza di questi due anni il Grandoni, che intanto si macerava in una segreta, dopo il primo e preliminare interrogatorio, non subiva che due soli costituti (l’uno nel marzo 1850 l’altro nel novembre 1851) e presso reiterate sue richieste ed insistenze; e, fino dai primi momenti, con tutta ingenuità, deduceva i luoghi dov’esso accedette nell’epoca degli avvenimenti politici, e le persone che ebbe ad avvicinare, e nondimeno si ometteva di assumere i necessari mezzi di verifica, mezzi allora facili ed ovvi; la quale omissione vedremo qual pregiudizio abbia recato alla Causa. Dopo oltre due anni consumati in questo modo, come diceva, il Grandoni specialmente strepitava senza fine, e faceva giungere alto i suoi reclami; il pubblico che avrebbe desiderato di veder prima di ogni altra causa, i risultati di questa, mormorava, sicchè ai 10 di gennaio 1852, benchè poco o nulla si fosse concluso, Monsignor segretario di Consulta scriveva un dispaccio al Ministero inquirente, con cui dichiarando la necessità di vedere una volta ultimata la processura, ordinava al Processante di divenire alle contestazioni. Erano le cose a questi termini quando due giorni dopo tale dispaccio saltava in campo il famigerato Bernasconi, detenuto allora nelle carceri civili di Monte Citorio e domandava l’impunità, promettendo rivelar fatti importantissimi intorno all’assassinio di Rossi ed altri delitti seguiti nell’era rivoluzionaria. Costui, uomo perdutissimo sotto ogni aspetto, già condannato a 15 anni di galera pei furti violenti commessi a S. Croce in Gerusalemme, desideroso di riscattarsi dalla pena inflittagli e da altre cui poteva andare incontro per altri suoi reati, ebbe tutto l’agio di studiare e di architettare un rivelo in ordine all’omicidio Rossi. Esso era stato in S. Michele qualche tempo, ed aveva colà acquistate delle notizie relative allo stato degli atti; era stato alle Carceri Nuove, alle Terme, a Narni, a Civita Castellana, da ultimo al Carcere Criminale, da per tutto aveva pescato, organizzato, tramato per digerire il suo progetto ed avea avuto anche dei veicoli per concertare le cose.

Il mio collega, che ha sostenuto, non è molto, la Causa di un custode del Carcere Criminale, nella qual causa appariscono le mene, le pratiche e i raggiri dell’impunitario per sostenere il suo rivelo, alzerà bene il velo a queste magagne. Frattanto perchè non si creda che io asserisca senza fondamento e per mettere bene in guardia il Tribunale contro le trame dell’impunitario dirò che dallo