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la messa d’oro 281

cominciava la sua nuova storia Romana. Con un auspicio di sangue e di sventura.

Il sacerdote era all’altare. Un battaglione era schierato nella chiesa. Il popolo ogni tanto correva con gli occhi a quelle file... Così erano quelli di laggiù. Così, anzi, erano morti: allineati, si diceva: al comando. Erano quei medesimi, anzi; e immobili e tetri assistevano al loro funerale. Nel mezzo del tempio, solo scuro fiero, il comandante. E il prete parlava in segreto con l’invisibile... “Ci hanno preceduto... dà a loro luogo di refrigerio di luce e di pace... ti preghiamo... dà loro pace... dà loro pace... dà loro pace eterna... riposino in pace... „

Ed ecco in un silenzio profondo, cui appena turbò un concorde movimento d’armi, ecco sonare, come sospirate, le parole: “Prendi su, Padre... questa vittima senza macchia... „ Le fronti si piegavano. I giovani soldati tenevano sul fucile i visi in un atteggiamento di preghiera, quasi di rimpianto supremo... Il sacerdote alzava l’uomo a Dio; alzava in un calice il sangue della vittima al cielo della gloria.

Nel mezzo, il comandante (era fosco, aquilino, severo) aveva abbassata la spada. La croce s’alzava, la spada s’abbassava.

Quel comandante era ebreo.



II.


Io vorrei essere più lontano dalla fede nel Cristo, che quel Maggiore ebreo, per assistere con più significazione e non meno venerazione che gli altri, a un’altra messa, tra pochi giorni, il due di giugno!