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il sabato 65

Sebastiano Sanchini. Egli diede inoltre ai figli un pedagogo, che sempre li accompagnasse, “pedante, vermiglio, grasso, florido„, don Vincenzo Diotallevi, buon bevitore. Quelli erano i maestri o professori, questo il prefetto; il rettore, s’intende, era Monaldo. I giuochi dei ragazzi erano quali si fanno oggidì nei collegi un poco all’antica; quali mi ricordo d’aver fatti anch’io nel collegio dei buoni Scolopi, ai quali sono grato dal profondo del cuore: battaglie romane. Intanto che Napoleone (Monaldo nel 1797 avrebbe potuto vederlo. “Passò velocemente a cavallo, circondato da guardie le quali tenevano i fucili in mano col cane alzato. Tutto il mondo corse a vederlo. Io non lo vidi, perchè quantunque stessi al suo passaggio nel palazzo comunale, non volli affacciarmi alla finestra giudicando non doversi a quel tristo l’onore che un galantuomo si alzasse per vederlo„) intanto che Napoleone combatteva ad Austerlitz e a Iena, i piccoli Leopardi e i piccoli cugini Antici, battagliavano a Canne o a Zama, nel gran salone, al chiarore delle nevi, o nel giardino; e Giacomo mostrava, sotto il nome o di Scipione o di Annibale, quell’ardore guerresco, che si adempiè poi nel 18 coi celebri versi:

L’armi, qua l’armi: io solo
Combatterò, procomberò sol io.

Sanno di collegio le passeggiate fatte sempre insieme e sempre col prefetto o pedagogo; sa di collegio la burla fatta al buon prete, che Giacomo descrisse nella poesiola “la Dimenticanza„; sa di collegio quel porsi nomi finti (Giacomo era Cleone; Carlo, Lucio; Paolina, Eurilla). Si narra persino del romanzo letto di nascosto... Nè mancavano gli esami