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La “pratica” per la “Direttissima”

Quando, settant’anni addietro, fu concordata tra i Governi interessati la costruzione della ferrovia Porrettana, l’Austria, dominando l’Italia, teneva guarnigioni a Bologna e a Firenze. Il problema della congiunzione ferroviaria di queste due città era un problema austriaco e come tale fu, appunto, risolto.

L’Austria mancava di uno sbocco nel Mediterraneo ed aveva vitale interesse politico e militare di avvicinarsi, col tracciato ferroviario Firenze-Bologna, quanto più fosse possibile ad un porto dell’importanza del porto di Livorno il quale, soggetto allora alla sua influenza, abbisognava di sempre nuovi e più stretti vincoli e di più saldi legami per esserle avvinto.

D’altronde, gli stessi motivi economici della monarchia Asburghese facevano dell’Austria il rappresentante di tutta quella corrente di traffici che le provincie transalpine e transappenniniche avviavano al porto di Livorno per i loro commerci con l’oltremare di occidente.

Accadde, perciò, che interessi non nazionali ma stranieri prevalessero e che il tracciato per il valico attraverso le valli del Setta e del Bisenzio presentato allora dal Ciardi e dal Giuliani — il primo de’ quali, con intuito veramente profetico, fino dal 1847 in un discorso coordinato, poi, in una pubblicazione adesso assai rara stampata co’ tipi del Guasti, tracciò un piano organico di ferrovie toscane — benché offrisse una via più agevole e più breve da Bologna a Firenze e fosse preferibile per il traffico longitudinale e terrestre, venisse posposto al valico per la valle del Reno