Pagina:Percoto - Sotto l'Austria nel Friuli, 1918.djvu/43

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degnamente e vilmente ingiuriato. Anche molto tempo dopo ne sognava il volto pallido, i grandi occhi neri dallo sguardo fiero ma buono, e i bellissimi denti ch’egli aveva scoperti un poco in quell’ironico sorriso onde parve promettere il dì della vendetta.

Indarno alcune di quelle signore vennero un giorno ad invitarla perchè facesse parte d’una comitiva di Goriziani che volevano accompagnare in segno d’onore le truppe marcianti sopra Udine. Quali che fossero le colpe di quella città, ella l’amava, e fremeva alla sola idea che fosse minacciata. Così più tardi, quando quasi ogni sera una sfilata di carrozze conduceva al Monticello di Medea l’aristocrazia di Gorizia a godere lo spettacolo di Palma bombardata, ella sdegnò di prendervi parte. Quella curiosità le pareva esecrabile. Nei giorni poi in cui venivano festeggiate le vittorie austriache, ella si chiudeva nella sua camera e non si lasciava vedere da alcuno.

Quella malinconia, quel languore dopo la visita di N*** s’erano accresciuti fuor di misura. Passava le intere giornate a letto o abbandonata sulla sua dormeuse cogli occhi chiusi in silenzio. Il barone era in pena continua, e temeva che qualche occulta malattia distruggesse sordamente quella per lui carissima vita. Invano aveva consultato i più reputati medici del paese: la ritrosia di lei, congiunta alle loro disparate opinioni, accrescevano l’imbarazzo. Ora avvenne che proprio in quei giorni capitò a Gorizia un celebre professore del Giuseppino di Vienna, chiamatovi a curare il principe di W***, tornato dall’Italia gravemente ferito, e il barone desiderò di fargli vedere la nipote. A quell’annunzio un impercettibile senso di disgusto trapelò dalla smorta fisonomia della malata; nondimeno accondiscese a farsi visitare, e