Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/121

Da Wikisource.
111


dere al sommo grado, a cui, come dissi, non è dato giungere che a pochi; avvampate di sdegno se non riescile a toccarvi. Che se poi chi aspira alla cima degli onori sapesse quante miserie tormentino coloro a cui reca, invidia, non potrebbe non rimanerne compreso d’alto spavento. E ciò si prova dal testimonio di quelli, che dopo aver tanto affaticato a salire, maledicono adesso l’agevolezza onde furono assecondati i loro desiderii. Il che se a tutti è palese, a te lo deve esserlo principalmente, cui la lunga esperienza insegnò quanto dure, affannose e meschine sieno le sorti degli stati eminenti. Quindi non avvi persona contenta; perchè, e chi conseguisse il desiderato e chi no, crede d’aver giuste cagioni a lamentarsi; mentre l’uno si stima deluso, l’altro sprezzato. Tu adunque attienti al consiglio di Seneca; e riguardandoti attorno, pensa a quanti ti precedano ed a quanti ti vengano appresso. Se ami piacere a Dio ed a te stesso, non ti scordare de’ molti a cui andasti innanzi; e perciò, secondo che è detto nella sovraccennata sentenza, fa di assegnarti da te quel confine, oltre il quale, quand’anche potessi, non è da varcare.

P. — E già tanto feci; che se non mi fallisce il vedere, moderati sono i miei desiderii. Ma di mezzo ai corrotti costumi ed alla sfacciataggine di questo secolo, agli