Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/139

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o cibato come sei,-te ne vedi avvintosi, r di ciò stesso tì glorii e prendi diletto, P. —E che catene son questa? # A.— L’amore e la gloria. Pl— Diio grande, cLe mai ascolto! e chiami tu queste catene? e t’adopreresti a ,liberarne V animo mio? . . A. — À ciò m'affaticor sebbene poco lo <speri. Perchè le altre ond'eri stretto, ti era- .no e meno amate e più fragili; ma queste col piacerti, ti recano grave danno, e, sotto sembianza di desiderato bene, V ingannano. Ond’è che a spigliartene, mi sarà forza affrontare malagevolezze tanto maggiori, quanto più viva resistenza m’opporrai; tratto in errore, qual sei, dalla credenza, che ip . voglia spogliarti de' tuoi più preziosi tesori. p, —Ma che male ti ho fatto io, perchè tq mi rapisca quanto ho di caramente diletto, e voglia dannare ad assidue tenebre la parte più raggiante dell’animo mio ? A. —-Infelice! e adunque hai posto in dimenticanza quell’adagio dei filosofi che dice, allora porsi il colmo a tutta miseria, quando le false opinioni, tramutandosi in convincimento , persuadono- Y intelletto, che così bisogna operare e non altrimenti? P. — Io si che me ne rammento ; ma ciò non torna al nostro proposito. E perchè stimerò io che fossero men buone le mie x. XI, 9