Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/57

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possa fruttarti, quanto il conoscere lo stato in cui un tempo vivesti.

P. - Se basta il confessare tal cosa, io mi confido, nonchè di riavermi bene per l'avvenire, ma egregiamente. Perchè non mai mi fu palese, come ora, il poco d'ardore che spesi a riacquistare la libertà, e metter fine alle mie miserie. Ma dimmi se basterà per l'avvenire averlo desiderato?

A. - A che mira questa tua inchiesta?

P. — A rendermi certo se quindinnanzi mi resti altro a fare.

A. — Impossibili cose favelli! quasi che l'uomo possa ad un tempo e desiderar vivamente e lasciarsi andare all'inerzia.

P. — E a che dunque mi giova il desiderare?

A. — Desso ti schiuderà il cammino di mezzo ai più malagevoli sentieri; poi il desiderio della virtù è anch'esso buona parte di virtù.

P. — Tu m’innalzi a grande speranza.

A.- Perciò appunto ti favello, che apprenda a sperare insieme e temere.

P. — E di che deggio temere?

A. — Perchè non domandi piuttosto di che abbia a sperare?

P. — Non mediocre studio posi finora a non divenir pessimo; adesso tu m'insegni il modo ond’io possa rendermi ottimo.

A. — Ma tu forse non pensi, quanto ardua impresa sia questa.