Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/80

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il timore e il dolore avessero cosi poca forza nell’animo tuo; dall’altra non avrai a maravigliarti gran fatto, se, circondato com’eri da tanti nemici, non ne giungessi a sfondare le spesse file. E ti sarà nel tempo stesso palese da quante varie guise di altri pensieri fosse combattuto quell’uno, cui m'adopero a render padrone della tua mente.

P. — Agghiaccio di spavento. Perchè se conobbi sempre il mio pericolo siccome grave; e tu così adesso me lo dipingi gravissimo, che, rispetto al debito, io non l'abbia quasi temuto per nulla. Ora dimmi quale speranza m'avanzi.

A. - Somma delle sciagure è la disperazione; in braccio alla quale, per forti cagioni che uno abbia, fa pazza cosa a gettarsi. E tu te ne guarda bene. P. - E il feci sin qui io; ma ora lo spavento m’ha tolto la mente.

A. — Adunque rivolgi in me gli occhi e il pensiero, e a valermi delle parole d'un tuo prediletto scrittore, dirotti:

Quanti popoli oh mira! a tua ruina
Congiurati levarsi, e quante terre
Entro le chiuse mura aguzzar l'armi,
Che di te, che de' tuoi cercano i petti.

Bada ai lacci che ti tende il mondo, ai vani fantasimi che ti si aggirano attorno, a