Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/86

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sopravvenire d'una malattia, il morso d'un verme, lo spirare d'un'aura. Forse che ti seduce la bellezza di tua persona; e mirando al colore e ai lineamenti del volto, trovi di che compiacerti, maravigliarti, commoverti, dilettarti? T'atterrisca la favola di Narciso; poi, a rinsanire, basta solo che cogli occhi della mente rimiri alle interiori parti del corpo, la cui bruttezza non apparisce a chi si contenta di sguardarne solo la buccia. Un fiore è questo che in corta ora si sfoglia; secondo che si prova da mille argomenti. De' quali, se ogni altro mancasse, sarebbe troppo quell’uno che si ritragge dal fugace trascorrere degli anni, i quali ogni dì ci rapiscono alcuna parte di noi. Che se per ventura, e so che ti sarebbe vergogna il confessarlo, ti credessi forte contro l’età, le malattie, e quanto altro può sfiorire la corporale bellezza; certo non dovresti dimenticarti di quel punto estremo che tutto atterra, e tenerti scolpito nell'animo il detto del satirico:

Quanto sia fral la nostra inferma argilla,
Sol la estrema di morte ora lo mostra.

Ora t'è chiaro di qual fonte derivi la tua superbia, e che ti tolga di ripensare alla bassezza della tua condizione e alla morte. Nè ciò è tutto; chè l’animo mi detta di soggiungerti ancora altre cose.