Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/85

Da Wikisource.

75

cerone.» Gran lode è questa e senza dubbio verissima. Si contende adunque, siccome vedi, in tale argomento, non solo fra i Greci e voi, ma sì ancora, e con calore sommo, tra non pochi de' nostri dotti medesimi; e di questi alcuni stanno per loro, come forse v’hanno alcuni d’essi chi militano a favor nostro, de' quali uno si è, secondo che dicono, l'illustre filosofo Plutarco. Ma in quanto al nostro Seneca, se, vinto alla maestà d'un tanto eloquio, non potè non inchinarsi a Cicerone, assegnò nel rimanente la palma alla Grecia. Ove poi mi richiedessi del mio avviso, io darei ragione si all’una che all’altra sentenza, onde se ne conchiude la povertà d’ambe le lingue. Or che resta agli altri a sperare, quando con tutta verità si affermi tal cosa di letterature celebrate cotanto? E tu adunque dall’inopia d’un intero regno, di cui sei una minima porzioncella, fa ragione della propria, e vergognati d'aver logorato un tempo sì lungo a conseguire l'impossibile; che pur sarebbe un vanissimo nulla, quand’anche ti fosse dato raggiungerlo. Ma per toccare dell’ultimo dei tuoi vanti, io ti dirò che scioccamente t’esalti dei beni del corpo, immemore dei pericoli che d'ogni dove te attorniano. Ed in te qual v’è qualità che tanto t’alletti? forse la robustezza o la ferma salute? Ma a distruggerla, basta ogni più lieve causa; il