Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/88

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gerezza, che mi lasci sedurre dalle altrui lusinghe. Dappoichè egli è vero che, quando l'animo è gravemente malato, niun farmaco o ingegno, sia di scienza, sia d'eloquenza, giunge a guarirlo; intorno a che mi ricordo d’aver mosso lagnanza alquanto di proposito in una mia epistola. Nè quasi mi contenni dal riso, all’udire con qual serietà mi dessi taccia d’uomo ambizioso della mia corporale bellezza. E che potrò io sperare da questo caduco e mortal corpicciuolo, se me lo sento ogni dì più cadere dattorno? Così Dio mi aiuti, che io non me ne do un pensiero al mondo! Non ti nego per altro che da giovinetto non abbia posto assai cura nell’arricciarmi la chioma, e nell’azzimar la persona; ma da quel tempo a ben altre cose ebbi l’animo intento; e conosco con quanta verità l'imperator Domiziano, allorché, scrivendo ad un’amica si lamentava del suo presto invecchiare, dicesse, non avervi cosa nè più piacente nè più breve della bellezza.

A. — Poco mi basterebbe a convincerti d'errore; ma meglio di me ti farà arrossire la coscienza. Nè mi ostinerò a trarti di bocca una parola che troppo ti costerebbe; bensì, siccome sogliono i generosi, non d’altro contento che d'un ricambio di uffizii, ti pregherei a sfuggire con ogni studio quei vizii, in cui neghi d'essere incorso. Che se mai per ventura la bellezza della persona ti