Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/89

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ritentasse, pensa come diverranno di corto brutte e schifose queste membra onde adesso ti piaci; ed ove allora potessi rivederle, ne inorridiresti tu stesso. Ripeti pertanto frequentemente teco medesimo il filosofico dettato: io nacqui a cose più alte, che arendermi schiavo del mio corpo. Dappoichè somma stoltezza è negli uomini, l’avere così poco riguardo all’anima, mentre tanto se ne ha al corpo. E pognamo che un cotale fosse per breve tempo rinchiuso in umida e scura carcere, tutta ingombra di fetide esalazioni; non sarebbe egli affatto pazzo se, da quanto é in lui, non si guardasse dai contrarre le brutture onde sono sozze le pareti ed il suolo; e se vicino ad uscirne, non se ne stesse in orecchi ad aspettare la voce del suo liberatore? che se invece, di tutt’altro pensoso, e non punto curante di cansare l'umidore dell’orrido luogo, rimanesse accovacciato nel fango, quasi temendo d’esserne spiccato a forza, e studiosamente si adoperasse a dipingere ed abbellire quelle squallide mura; chi non direbbe, essere quel tapino interamente fuori di senno? E voi pure, o sciagurati, amate tanto la prigione entro cui vi fu sortito di vivere; e prossimi ogni istante a lasciarla o ad esserne tratti fuori, vi indugiate sempre a rendere adorno ciò che dovreste abborrire. E tu altresì nell’Africa non