Pagina:Petruccelli - I moribondi.djvu/74

Da Wikisource.

— 70 —

le dottrine — da Melchiorre Gioja a Rosmini, da Balbo a Gioberti. Egli è l’uomo ad impressioni vive, artista nella forma. È il primo legislatore italiano che abbia scritte delle leggi in lingua italiana pura — senza eccettuarne il Mamiani ed i ministri toscani, che vennero poi, ed oggi sono. Il signor Minghetti ha la parola soffice, la frase ben congegnata, la voce armonica, ma cadenzata; le idee sobrie, ma chiare; la percezione viva. Egli è affabile. Assiduo al lavoro e facile. È senza sussiego (morgue), insinuante, conciliativo, atto a comprender tutto ed a comprender subito. Quando una questione lo imbarazza, egli la evita con una promessa o una professione di fede di liberalismo generale. Minghetti adora il futuro. Raramente ei risponde che ha fatto o che è in via di fare: ei farà! Egli non mette alcun amor proprio nelle sue concezioni. Aveva presentata una legge, per molti tratti commendevole, sull’organamento amministrativo delle comuni e delle provincie, ove aveva infiltrato dentro un’idea un po’ sua — quella delle regioni. La Camera non vuole udirne a parlare. Minghetti non se ne picca, non vi si attacca con affetto paterno: la sagrifica come una trovatella — e conserva il portafogli. Egli è l’oratore del Ministero.

Però, la sua abnegazione non gli valse gran che. Due mesi dopo dovette uscire dal Gabinetto. In realtà, egli si era impegolato al portafogli; ma i ministri toscani pretesero che Minghetti si fosse abbarbicato alle sue famose regioni, ne fecero ressa, arroventarono la stampa, e gli consigliarono