Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/160

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spazi infiniti seminati d’astri e scorge infine Dio, — l’immensa armonia, — come il centro di queste armonie... Ma non uno dei luoghi comuni stupidi, consacrato dalla rettorica dei vecchi predicatori, non una parola di teologia, nessuna trivialità.

Il canonico non aveva gustato la novità, riserbandosi nondimeno di apprendere e di recitare il panegirico e di giudicarlo in ultimo appello dall’effetto che produrrebbe sull’uditorio, il 21 maggio prossimo. Ei non aveva pagato il prete di cui si appropriava il lavoro. Ne aveva criticato l’ortodossìa, la lingua, lo stile, le imagini scientifiche e laiche, le ali dell’ode che aveva date al discorso. Vivamente contrariato, Don Diego aveva lasciato il canonico senza salutarlo, ridendogli sul muso con sprezzo e dichiarandogli ch’egli non lavorerebbe mai più per lui, ad alcun prezzo. Nella strada, egli era stato urtato da un birro, che lo aveva poscia inseguito ed apostrofato coprendolo di villanie. Al canto del vicolo una giovane donna in cenci, dimandandogli l’elemosina con ansietà febbrile, gli aveva detto:

— Voi siete felice, soccorrete la miseria!

Tutto ciò aveva portato l’esasperazione di Don Diego al diapason della rabbia. La bordata con cui Bambina l’accolse arrivava male a proposito. Ad ogni modo, non la comprese, poichè dimandò:

— Spiegare che cosa? provare che cosa?

— Ma, bontà di Dio? essi dicono che tu sei un traditore, una spia, che so ancora? e che tu mi vendi.

La misura traboccava. Don Diego si fermò di