Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/165

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— Diego! no, non sei mica tu che parli così.

— Son io, proprio io. Io sono deciso e tu mi salverai, Bambina. Io non so troppo ancora ciò che farò. Io mi aggiro come un cieco in mezzo di quest’orrido mondo, mi smarrisco. Io non conosco ancora la via dell’infamia dorata, vado a tastoni, scandaglio... Ma, sii tranquilla; finirò per orientarmi. Solo, non posso nulla. Poi, un uomo che cade, cade per sempre; la sua perdita è irreparabile; il tempo lo sprofonda sempre più, nulla nè alcuno non lo rilevano. La macchia dell’uomo è incancellabile: la porpora di re o di cardinale, i ciondoli di diamanti, la mozzetta di papa, la livrea di ministro, l’uniforme di generale... nulla vale! l’infame resta infame. Se i contemporanei taccionsi, la posterità grida con tanta più veemenza. Io mi perderei con un profitto minimo e lo spettro del mio delitto m’avvilupperebbe del suo eterno riflesso. Gli stolidi! E’ paventano ch’io li tradisca? Ho troppo spirito per non precipitare sì a fondo, per non darmi a mercè per così poco. Io penso, al contrario, impormi loro e soppannarne la mia fortuna.

— Tu mi sollevi di un gran peso, Diego, sclamò Bambina. Rinunzia però al resto.

— No, Bambina, tu non mi abbandonerai nel mio naufragio. Tu sola, tu puoi salvarmi, salvarci. La caduta di una donna non lascia tracce indelebili. Si ha pietà di lei. Si obblia, si perdona, si compatisce, si spiega l’infortunio, lo si circonda di tutte le circostanze attenuanti... Poi, un marito si presenta e tutto s’ingoia in quel baratro che