Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/231

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Filippo. Questi aveva portato due coltelli a molla, cui i lazzaroni chiamano crocifissi, a lama fina, lunga, scanalata, acuminata come un ago, tagliente come un rasoio, della lunghezza di circa dieci pollici. Il testimone di Gabriele scelse.

— Comincieremo dalle pietre, disse costui.

— Come vorrete, disse Filippo.

— A cinquanta passi?

— Sia pure.

— Senza fionda?

— Senza fionda.

— È permesso schivarsi?

— Poichè a questa sfida deve succedere quella del coltello, io credo che si possa accordare il diritto di non restare immobile sotto i colpi dell’avversario.

— Sta bene. Giuochiamo a chi tirerà il primo. Si giuoco al tuocco. Gabriele guadagnò.

Il combattimento alle pietre era il combattimento favorito del lazzarone. Aveva luogo d’ordinario per bande di quindici o venti giostratori, ed anche di più. Era una zuffa sovente pericolosa. Del resto, basta rammentare i lazzaroni del 1799, i quali fecero indietreggiare la cavalleria di Campionnet e sostennero a Ponte-Rosso tre ore di lotta, quasi unicamente alle pietre.

Filippo, che aveva un pastranello, lo cavò. I due duellanti si posero alla distanza convenuta in una cotale attitudine ch’ei non presentavano al nemico che il profilo sinistro, avvegnachè avessero la faccia volta l’uno all’altro, onde seguire con fissità ed attentamente i movimenti dell’avversario.