Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/409

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— Giammai, gridò Bambina.

— Che volete che io vi dica, allora? sclamò Concettella. Io vi racconto la mia storia e quella di qualche persona che ho conosciuto. Io sono una ignorante. Vi sono forse delle scappatoie più accettabili e più gradevoli. Non lo ricevete dunque.

— Lo posso io? gridò Bambina con accento lacerante. Non sono io impegnata?

— Allora, ascoltate le sue proposizioni e aggiornate, aggiornate.... chi sa? Bisogna credere ai miracoli poichè la nostra santa madre, la Chiesa, ci crede. Volete voi che io gli parli, a questo innamorato frettoloso?

— No. Non inganni ignobili. Gli parlerò io. Io sarò sola con lui. Io non posso sperare qualche cosa che dalla sua generosità. Se naufrago.... ebbene, io so, dal primo giorno in cui mi promisi, come affrancarmi con una forza maggiore da una forza maggiore. E’ mi vuole? egli m’avrà.... se l’osa.

— Ah! se vostro fratello fosse qui....

— Mio fratello? egli è vescovo. È meglio poi che egli sia a Roma che qui. Io vorrei pertanto vederlo ancora una volta!....

Ella ruppe in un dirotto pianto ed andò a rinchiudersi nella sua cameretta.

Bambina non era pia, tuttavia ella pregò, ella sperò.

La notte venne. L’orologio della chiesa vicina cominciò o snocciolare le ore. Ogni colpo di martello batteva al cuore della povera creatura e lo piagava. Infine, mezzanotte suonò pure. Al punto