Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/162

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richiuse e via. Il marchese ordinò al suo cocchiere di seguire....

La corsa non fu lunga. All’estremità del vicolo, la vettura volse a dritta e disparve in un cortile o meglio dietro una porta, che le si chiuse dietro sull’atto.

— Cos’è quella porta, cocchiere?

— Eccellenza, non ne so nulla. Non conosco il quartiere.

— Sei un imbecille. Prendi e va a farti impiccare.

— Grazie, eccellenza.

Il cocchiere partì. Il marchese restò nella strada col naso in aria,

— Dove diavolo sono? si domandò.

Neppur un gatto da cui prender lingua.... Ma aspettate: passa un monaco, che non sa nulla; un mendicante, che ne sa altrettanto. Passa una vecchia, che è sorda; un prete, che non risponde. Sei ore! Chi diavolo può ormai passare a quest’ora? Ah! zitto, ecco il lampionaro; se costui non sa nulla, mi strangolo!

Il lampionaro! il lampionaro che fa il servizio di questa strada da vent’anni, non saperne nulla! — Marchese, per chi lo prendete mai? interrogatelo.

— Questa porta, eccellenza? Ma la è una delle porte del convento dei Miracoli.

Ma era così semplice, dunque? O uovo di Cristoforo Colombo!

— Sta bene, pensò il marchese; abbiamo il punto di partenza ed il punto d’arrivo.

Due giorni dopo, il marchese attendeva a quella porta, che il lampionaro aveva detto ap-