Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/180

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— Un marito. Boheraave ha detto: Fœmina quidquid est, propter uterum est.

— Scrivete la ricetta, dottore, rispose il conte ridendo alla sua volta ed indicatemi il farmacista che la fornisce.

Portò la risposta alla dama, che se ne compiacque come del frutto dell’albero della scienza.

Una settimana dopo, Cecilia si era alzata. Allora il conte invitò Bruto a pranzo con sè e la figlia, un pranzo di convalescenza, servito nell’appartamento di Cecilia, il primo che il conte facesse con lei dopo la sua malattia. Bruto non aveva nessuna ragione per rifiutare.

Si era nel novembre, dalle giornate corte e piovose. La tristezza stava nel cielo e nei cuori. A sei ore scendeva la notte. I tre convitati sedettero a tavola nel gabinetto di Cecilia.

Avviluppata in una veste da camera di casimir bianco, imbottita di seta color di rosa, la testa ricoperta da una cuffia di trina molto leggiadra, la vita stretta da un cordone di tela nero e oro, quella ragazza era vezzosissima. Il suo pallore risplendeva. I suoi capelli erano ricoperti da una rete, che stentava a tenerli tutti e lasciava sfuggire alcuni ricci ribelli che scendevano sul collo. Il languore dei suoi occhi era inebbriante.

Cecilia non mangiò quasi niente. Il conte mangiò e bevette per due. E Bruto, quantunque fosse in estasi dinanzi alle mani, alla posa, all’insieme della giovine convalescente, tenne testa perfettamente al conte.

Finito il pranzo, si andò a prendere il caffè nella stanza di Cecilia, intanto che si sparec-