Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/234

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somaretto era magro, lungo, ossoso, sciancato. Ma Antonio, da ragazzo astuto, da uomo, che dava la metà del suo guadagno al padrone dell’albergo, fece trovare la sua bestia ed una compagna di mangiatoia alla porta dell’albergo, ogni concorrenza messa da banda.

Lena e don Gabriele furono quindi obbligati di contentarsi di quei due asini per recarsi allo stabilimento.

Arrivati dinanzi al cancello, pagarono Antonio e scesero. Quella ginnastica asinaria dava il mal di mare a Lena. Furono allora circondati da una folla di mendicanti, di postulanti, di mercanti, di curiosi, da una mob malsana, direbbero gli Inglesi.

— Eccellenza, volete degli asini? domandava un altro asinaio a don Gabriele. Un milord, come vostra eccellenza, non può cavalcare che una gazzella come la mia. Lasciate codesta etica carogna di Antonio, che s’inginocchia ad ogni cinque passi, e porta la testa bassa come un seminarista. Vi darò un animale degno d’essere bipede come vostra eccellenza.

— Fatti via di là, rispondeva Antonio, punto nell’onore del suo somaro; il tuo struzzo ha più guidaleschi alla schiena, che un confessore non abbia peccati nelle orecchie.

— Eccellenza, guardatevi bene da quell’uomo, egli ha la rogna.

— Vostra eccellenza, vuol ella accettare un rasoio per la barba? diceva un mercante a Lena; è uno dei più perfetti inglesi, fabbricati a Campobasso.

— Eccellenza, diceva un altro a don Gabriele,