Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/294

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erano dovuti, ma sapevano, altresì, che io li meritavo. Ritornai a Sorrento.

“Trovai Cecilia più tranquilla. Ella si era alleggerita di coscienza e credeva di aver compito il suo dovere, senza neppur immaginarsi che ci aveva traditi e ci mandava tutti al bagno. Da parte mia, non mai mi ero mostrato così allegro, così affettuoso e condiscendente verso di lei. Per provarglielo, le proposi di andare a passare alcuni giorni da un mio amico, che aveva una casa di campagna nella montagna, dalla parte del capo Campanella, il punto di vista più incantevole del golfo.

“Cecilia accettò.

“Avevo messo nella proposizione tanta gentilezza, tanto amore delicato e premura di tornarle gradito, che la mi parve per un istante affascinata e di aver spezzato quello specchio di sprezzo e di odio che mi riproduceva costantemente ai suoi sguardi sotto un aspetto sì abbominevole. Noleggiai due asini e una bella mattina, radiante di sole, partimmo.

“L’aria libera, la vista del mare, quel paesaggio meraviglioso della costa di Massa ed Amalfi, la rapirono. Ella dimenticava, forse per la prima volta in due mesi, con chi si trovasse. Traversammo Massa e svoltammo il capo Campanella, scivolando anzichè camminando sugli spaldi a picco della montagna, per un sentieruolo tortuoso.

“Ci fermammo, però, ad un punto che dava la vertigine.

“La montagna faceva un seno. Dovevamo traversare, per raggiungere il poggio ove tor-