Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/230

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fategli udire la voce più infantile del vostro giovane fratello.

È noto che l’orso ha l’udito durissimo. Ma, per una stranezza della natura, questo bruto, che non percepisce neppure il terribile muggito del tuono, il fragore delle valanghe ed il ruggito del mare in furore, resta estatico al gorgheggio di certi uccelletti.

Cesara poteva appena articolare qualche sillaba, accompagnandole sempre con un crescendo di tosse. Come poteva ella trovare una nota di canto nella sua gola? Nondimeno la nostra salvezza era a questo prezzo. Ella fece dunque sopra di sè uno di quegli sforzi della disperazione che divengono miracoli, e si mise a mormorare con voce lamentevole e sommessa questa dolce denka polacca:

«Mi mandarono in una foresta, in una piccola foresta, per cercarvi le coccolle selvagge e cogliervi i fiori della stagione; ma io non raccolsi le coccolle, non colsi i fiori. Mi riposai sulla collina solitaria, vicino alla tomba di mia madre, e piansi caldamente la sua perdita.

«— Chi piange per me lassù? chi passa sulla collina?

«— Son io, madre mia amorosa, io abbandonata in questo mondo, io orfana miserevole. Chi pettinerà oggimai le mie lunghe trecce? Chi laverà le mie guance? Chi mi dirà una parola carezzevole di amore?

«— Torna alla tua dimora, figliuola mia; là un’altra madre, più felice di me, ornerà la tua fronte coi tuoi capelli, spanderà l’acqua sul tuo bel sembiante; là un giovane sposo ti sussurrerà delle tenere parole che calmeranno il tuo dolore».

L’effetto di questo canto fu magico. Forse fu anche la potenza magnetica dello sguardo, di cui i Sibeberiani attestano l’efficacia infallibile sull’orso. Il fatto è, che il bruto cessò di dondolarsi, si avvicinò